La disciplina della retribuzione del Procuratore sportivo alla luce della riforma del 2015. Approfondimenti e problematiche

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Uno dei motivi per cui la stagione in corso passerà alla storia deve certamente individuarsi nel faraonico trasferimento estivo di Pogba dalla Juventus al Manchester United.

A colpire maggiormente gli addetti ai lavori – più ancora della cifra record di 105 milioni di Euro più bonus versata dal club inglese nella casse juventine – è stata, con ogni probabilità, la sostanziosa porzione di guadagno maturata per l’operazione dall’agente del calciatore, la quale sembra superare (incluse tutte le varie voci) i 30 milioni di Euro.

Se si considera poi che il giro d’affari, su base mondiale, legato alle commissioni percepite dalle principali 15 agenzie si è attestata – per il solo mercato estivo del 2015 – in complessivi 476,1 milioni di Euro, è facile comprendere il motivo per cui l’argomento non solo susciti l’attenzione degli appassionati, ma, ancor più, abbia spinto molti, anche a seguito dell’avvenuta “liberalizzazione” dell’aprile 2015, a cercare di intraprendere la relativa professione.

Anche a beneficio di costoro, è dunque utile addentrarsi nell’analisi della disciplina giuridica dettata sul punto dall’attuale Regolamento sui servizi di Procuratore Sportivo entrato in vigore il primo aprile 2015.

PREMESSE – Al riguardo, occorre, innanzitutto svolgere una duplice premessa.

Da un lato, deve sottolinearsi che, proprio a fronte della citata “riforma” del 2015, ciascuna Federazione calcistica beneficia della possibilità di regolare la questione – seppur all’interno dei criteri guida previsti dalla FIFA – in maniera autonoma.

Ne deriva che quanto segue trova applicazione unicamente nell’ambito della FIGC e con riguardo ai Procuratori in essa registrati.

Dall’altro lato, è opportuno evidenziare, in via preliminare, quali siano i requisiti giuridici che consentano al Procuratore di pretendere validamente il proprio compenso per i servizi resi.

A prescindere da qualsivoglia attività di fatto svolta nell’interesse di un calciatore e/o di una società sportiva, il Procuratore ha diritto al proprio corrispettivo a condizione che: a) sia regolarmente iscritto nell’apposito registro istituito presso la FIGC (la cui quota di iscrizione annuale è di 500 Euro), b) abbia sottoscritto un contratto di mandato con l’atleta e/o il club secondo i dettami di cui al fac-simile allegato al menzionato Regolamento; c) abbia depositato tale accordo presso la Commissione Procuratori (attività che prevede il pagamento di 150 Euro per ciascun deposito); d) il proprio nome venga inserito negli appositi spazi predisposti in tutta la documentazione relativa al trasferimento, tesseramento e contratto di prestazione sportiva del calciatore.

STRUTTURA DEL COMPENSO – Ciò chiarito, il compenso previsto in capo al Procuratore può essere determinato, ai sensi dell’art. 6 del Regolamento FIGC, secondo una struttura che può essere duplice se i servizi sono resi in favore del giocatore, oppure triplice se l’assistenza è fornita alla società.

Laddove il Procuratore abbia ricevuto il mandato dall’atleta per la negoziazione del proprio contratto di prestazione sportiva, il primo potrà essere retribuito o con una somma forfettaria liberamente determinabile dalle parti (ipotesi 1), oppure in misura percentuale sull’ingaggio lordo stagionale percepito dal calciatore per ogni annualità contrattuale (ipotesi 2).

In assenza di specifiche disposizione e salvo diversa pattuizione negoziale, per stabilire il momento di maturazione del credito verso l’assistito sembra doversi riferire a quanto previsto dal precedente Regolamento sugli Agenti di calciatori del 2011.

Nella prima ipotesi (retribuzione forfettaria), il Procuratore, a prescindere dalla durata del contratto di lavoro negoziato per il calciatore, avrà diritto di ricevere interamente il proprio corrispettivo al momento della stipulazione del contratto stesso.

Nel secondo caso (retribuzione in percentuale), il Procuratore maturerà, di volta in volta, il proprio compenso al termine di ogni singola stagione sportiva (ossia il 30 giugno di ogni anno).

In aggiunta alle tipologie di retribuzione appena esposte, solamente qualora il soggetto assistito sia il club, il Procuratore potrà convenire con il medesimo anche una diversa forma di compenso consistente in una percentuale sul prezzo del trasferimento del calciatore versato dalla società cessionaria a quella cedente (ipotesi 3).

PROBLEMATICHE – Se il compenso secondo l’ipotesi 1 e 3 non genera particolari questioni, laddove si scelga, come avviene più comunemente, il sistema di retribuzione parametrata in misura percentuale sul salario lordo del calciatore è opportuno, al riguardo, svolgere alcune ulteriori considerazioni.

Se, con tale sistema di pagamento, l’assistenza è rivolta alla società – stabilendo espressamente l’art. 5.4 del Regolamento che il relativo mandato cessa i suoi effetti se il calciatore non è più tesserato (per qualsiasi motivo) con la stessa – il Procuratore, a prescindere dalla durata dell’accordo giocatore/club inizialmente pattuita, avrà diritto alla percentuale limitatamente alla/e stagione/i in cui l’atleta è rimasto tesserato con il club in forza del contratto di prestazione sportiva da lui negoziato.

A titolo di esempio, qualora un club incaricasse un Procuratore di negoziare in proprio favore un contratto triennale con un certo calciatore, riconoscendo al professionista una determinata percentuale sul valore dell’ingaggio stagionale dell’atleta, e, dopo le prime due stagione, cedesse quest’ultimo – tanto a titolo definitivo, quanto temporaneo (prestito) – ad un diverso club, il Procuratore avrebbe diritto al proprio compenso solamente con riferimento alle prime due annualità. Venendo infatti meno il tesseramento con il club mandante per effetto della cessione, verrebbero altrettanto meno gli effetti (tra cui ovviamente il compenso) del contratto di mandato Procuratore/società.

Nel caso in cui sia convenuta una retribuzione secondo l’ipotesi 2 tra Procuratore e calciatore occorre, invece, analizzare il problema relativamente al caso in cui la durata del contratto di prestazione sportiva calciatore/società sia superiore a quella del mandato calciatore/Procuratore (stabilita dal Regolamento in un massimo di due anni).

In questa circostanza appare doveroso chiedersi se il Procuratore abbia comunque diritto a percepire il proprio compenso anche con riguardo alla retribuzione (negoziata dal professionista per conto dell’atleta) riferibile alle eventuali annualità contrattuali del giocatore successive alla scadenza del mandato conferito al Procuratore.

La questione veniva espressamente disciplinata dal vecchio “Regolamento Agenti 2011”. Il relativo art. 17, comma 4 riconosceva infatti, nel caso in esame, il diritto dell’allora Agente di percepire il compenso maturando “anche dopo la scadenza dell’incarico, ma non oltre la scadenza del contratto di prestazione sportiva del calciatore”.

Ne derivava che nel caso di sottoscrizione di un nuovo contratto di prestazione sportiva da parte dell’atleta negoziato da un nuovo Procuratore che venisse a sovrapporsi, anche solo per alcune annualità, a quello a cui aveva preso parte il primo Agente, il subentrante Procuratore – per tale periodo di sovrapposizione – aveva diritto di calcolare il proprio compenso (nel caso in cui non avesse pattuito una propria remunerazione in misura forfettaria, ipotesi 1) applicando la misura percentuale convenuta con l’assistito (ipotesi 2) limitatamente alle sole eventuali differenze positive che risultassero in base al nuovo accordo concluso dal calciatore con il club.

Il mancato richiamo di tale disciplina all’interno del nuovo Regolamento del 2015 non pare tuttavia sufficiente per ritenere la stessa non più applicabile ai contratti di rappresentanza conclusi successivamente alla sua entrata in vigore.

Fermo restando che – potendo oggi le parti liberamente integrare il contenuto del mandato – è certamente consigliabile per il Procuratore inserirvi espressamente tali clausole, anche in mancanza di ciò, il relativo precetto troverebbe spazio alla luce dei principi generali in materia di contratti contenuti nel nostro codice civile.

Applicandosi, in particolare, anche al contratto di rappresentanza, così come ad ogni altro, le regole di interpretazione ed esecuzione dell’accordo secondo buonafede di cui agli artt. 1366 e 1375 c.c. (in forza delle quali sono salvaguardati gli interessi ed il legittimo affidamento che ciascun contraente ripone nel contratto concluso), sembra evidente che il compenso debba determinarsi avendo riguardo esclusivamente alla specifica attività svolta dal Procuratore in favore del proprio assistito a nulla rilevando, invece, la durata del legame.

A differenza, infatti, dei c.d. “contratti di durata” (ossia quelli ad esecuzione periodica o continuata) in cui prestazione contrattuale e durata dell’accordo sono intimamente connesse, nel contratto Procuratore/calciatore tali due aspetti sono ontologicamente separati ed assumono una funzione del tutto autonoma.

La prestazione tipica del Procuratore – in ragione della quale costui confida legittimamente di percepire il compenso – non è in alcun modo connessa alla durata dell’incarico.

Essa consiste nella negoziazione in favore del proprio assistito di un contratto (nel caso di specie, quello di prestazione sportiva con il club interessato al suo tesseramento) e, come tale, si esaurisce ogniqualvolta detto accordo calciatore/società si conclude, con la conseguenza che è in tale momento che sorgono per intero i diritti economici del Procuratore connessi a tale contratto.

La durata del mandato, al contrario, non incide sull’attività che il Procuratore si obbliga a porre in essere ma si limita a stabilire il periodo temporale che lega quest’ultimo al proprio cliente, ossia l’arco di tempo in cui il professionista mantiene il diritto/dovere ed il potere di negoziare un contratto in favore di costui.

A conferma di tali argomentazioni, si sottolinea, del resto, che è ben possibile che durante il periodo di mandato, il professionista non negozi alcun contratto (e quindi non maturi alcun compenso) per controparte senza che, per tale motivo, possa ritenersi inadempiente nei confronti di quest’ultima.

MISURA DELLA PERCENTUALE – Ulteriore questione degna di trattazione, nel caso in cui il compenso del Procuratore sia stato pattuito in percentuale sulla retribuzione dell’atleta o sul prezzo del suo trasferimento (ipotesi 2 e 3), attiene alla determinazione della misura della stessa.

A causa di una traduzione poco accurata del testo emanato dalla FIFA, l’art. 6.3 del Regolamento 2015 ha lasciato inizialmente presumere che, in tali ipotesi, il compenso massimo non potesse superare il 3%.

Se, infatti, in apertura della citata norma il Legislatore prevede che le parti “possano” (e quindi non “debbano”) fare riferimento ai seguenti criteri, nella immediatamente successiva elencazione dei medesimi sancisce che l’ammontare totale del corrispettivo dovuto al Procuratore “non dovrà eccedere il 3% della retribuzione base del calciatore” o “del valore del trasferimento”.

A porre rimedio alla contraddizione linguistica e, soprattutto, a rincuorare gli interessati è, tuttavia intervenuta la stessa FIGC con l’emanazione, nel maggio del 2015, del “Commentario” al Regolamento, nel quale ha chiarito che detta misura del 3% rappresenta soltanto una raccomandazione non vincolante idonea a trovare applicazione “per il caso in cui le parti non stabiliscano contrattualmente l’ammontare dei corrispettivi pattuiti”. Su tali presupposti si può quindi concludere che – a differenza di quanto accade in altre Federazioni – la predetta misura percentuale è liberamente determinabile senza alcun tetto massimo.

PARTE VARIABILE DELLA REMUNERAZIONE DEL CALCIATORE – Le considerazioni che precedono risultano utili anche per comprendere se, a fronte della riforma del 2015, sia possibile – diversamente da quanto previsto nella normativa precedente – applicare la percentuale pattuita con il calciatore anche sulla parte variabile della sua remunerazione (ossia sulle somme da costui conseguite a titolo premiale).

La risposta sembra necessariamente essere positiva.

La contraddizione che pareva sorgere tra l’art. 6.2 (dove si menziona il reddito lordo “complessivo” dell’atleta) e l’art. 6.3 (che, invece, si limita a citare la retribuzione “base”) del Regolamento va superata alla luce di quanto sopra.

Trovando spazio le previsioni ex art. 6.3 nella sola ipotesi di mancata determinazione contrattuale del compenso del Procuratore, ne consegue che, laddove le parti intendano (come appare ovvio) precisare il titolo e la misura del medesimo, esse potranno legittimamente prevedere che la percentuale stabilita si calcoli non solo sulla parte fissa del salario annuale del giocatore, ma anche su quella variabile (sempre da considerarsi al lordo).

Lo stesso modulo standard del contratto di rappresentanza proposto dalla FIGC, del resto, richiama espressamente le previsioni di cui all’art. 6.2.

A scanso di ogni equivoco, appare in ogni caso consigliabile specificare nel mandato in cosa consista il reddito complessivo dell’atleta su cui applicare la percentuale, dal momento che in esso – oltre alla componente “sportiva” fissa e variabile del salario – possono essere ricondotte anche ulteriori somme conseguite dal calciatore a diverso titolo (ad esempio quelle derivanti dalla cessione alla società di appartenenza dei diritti di sfruttamento commerciale della propria immagine).

NOTE “LIETE” E NOTE “DOLENTI” – In conclusione, è doveroso evidenziare che, a seguito dell’abolizione del c.d. “conflitto di interessi”, dal primo aprile 2015 è consentita al Procuratore la possibilità di assistere congiuntamente, nella medesima operazione, tanto il calciatore quanto il club interessato al suo tesseramento/trasferimento, potendo lo stesso così maturare – sulla necessaria  base di due distinti mandati (entrambi da depositare presso la competente Commissione Procuratori) e di un esplicito consenso da parte degli interessati – un autonomo compenso nei confronti di ambedue le parti.

Per ciò che, invece, attiene le limitazioni – oltre a confermare che nessuna retribuzione è dovuta al Procuratore da un calciatore che sottoscriva un contratto ai minimi federali e che non è concesso allo stesso di avere partecipazioni nei diritti economici relativi al trasferimento di un atleta e/o di percepire somme dovute ai club a titolo di contributo di solidarietà o indennità di formazione –  il Regolamento del 2015 ha altresì introdotto un ulteriore e rilevante divieto.

A norma dell’art. 6.4 è, infatti, escluso che il Procuratore possa percepire una retribuzione da una società in conseguenza del tesseramento da parte di quest’ultima di un calciatore che non sia professionista.

Viene così meno la possibilità che un club (benché aderente ai campionati professionistici) remuneri un Procuratore a fronte di servizi resi al medesimo per il tesseramento tra le proprie fila di un “giovane di serie”, circostanza invece ammessa sotto la vigenza della precedente regolamentazione.

Tale modifica “peggiorativa” – asseritamente connessa alla necessità di una maggior tutela dei minori – appare alquanto discutibile.

Non si vede, in particolare, in quali termini tale precetto si ponga in relazione con l’obiettivo a cui esso dovrebbe tendere. Da un lato, infatti, una tale previsione non limita la circolazione dei giovani calciatori (essendo rimaste invariate le norme sul tesseramento da parte della società). Dall’altro lato, non sembra nemmeno potersi astrattamente porre un problema di “sfruttamento” delle relative prestazioni sportive da parte del Procuratore, dal momento che il suo compenso dovrebbe maturarsi nei confronti dei club che si assicurano tali prestazioni e non certo degli stessi calciatori e/o delle loro famiglie.

Al pari di quanto accade nel caso di assistenza ad un calciatore che percepisce solamente il minimo salariale, la norma in questione si limita, tuttavia, ad escludere la sola possibilità del Procuratore di percepire un compenso dalla società che tessera un atleta con uno status diverso da quello di “professionista”, ma non anche quella di sottoscrivere con la stessa un contratto di rappresentanza per detto tesseramento.

Laddove ciò avvenisse – potendo tale mandato avere una durata massimale biennale – ne deriverebbe che, se nell’oggetto dell’accordo fosse disciplinata anche l’ipotesi di stipulazione di un successivo contratto di prestazione sportiva tra atleta e società, il Procuratore, qualora tale evento si realizzasse nel periodo di vigenza del mandato conferitogli dal club, “riacquisirebbe” il diritto al proprio compenso, il quale potrebbe quindi essere predeterminato già al momento del “semplice” tesseramento del giocatore come “giovane di serie”.

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