L’arbitrato innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport del CONI per la risoluzione delle controversie relative ai mandati degli agenti sportivi: prime applicazioni dell’istituto

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Gli odierni Regolamenti in materia di Agenti Sportivi di Coni e FIGC, nel disciplinare la professione dell’agente sportivo in Italia, chiariscono che quest’ultimo può curare gli interessi di un atleta professionista o di una società sportiva professionistica solo dopo aver ricevuto un incarico in forma scritta.

Tale incarico, denominato mandato, deve redigersi, a pena di inefficacia, utilizzando un apposito “modulo tipo” (predisposto dalla Federazione nel cui ambito l’agente opera) e deve essere depositato, a cura dello stesso, anche in questo caso a pena di inefficacia, presso la medesima Federazione sportiva.

Il mandato può avere durata massima di due anni, non è tacitamente rinnovabile e deve – tra le altre cose – contenere, a pena di nullità: a) l’oggetto (trattasi dell’attività finalizzata alla costituzione, modificazione o estinzione di un rapporto avente per oggetto una prestazione sportiva professionistica, ovvero volta alla costituzione di un rapporto di tesseramento presso una Federazione sportiva nazionale professionistica, ovvero, ancora, stando al dettato della normativa di rango federale, resa nell’ambito della stipula di un contratto di trasferimento di una prestazione sportiva tra due club); b) il corrispettivo dovuto all’agente sportivo (ivi incluse le modalità e le condizioni di pagamento); c) la sottoscrizione delle parti contraenti.

Nell’ambito della medesima operazione è concessa all’agente la possibilità di assistere più soggetti in essa coinvolti (ad esempio calciatore, società cedente e club cessionario) a condizione però che –  prima di iniziare qualsivoglia attività – costui depositi presso la Federazione sportiva nazionale professionistica interessata altrettanti mandati, ciascuno per ogni parte mandante, in ognuno dei quali queste ultime dovranno altresì espressamente autorizzare l’agente ad agire anche nell’interesse della/e controparte/i  (art. 21.5 Regolamento Agenti FIGC).

Salvo che le parti non abbiano convenzionalmente individuato la competenza di altro giudice, il Regolamento Agenti Sportivi del Coni, con previsione ripresa testualmente dal Regolamento Agenti Sportivi Figc (art. 21.20), stabilisce che sia il Collegio di Garanzia dello Sport del Coni a conoscere – secondo un procedimento di natura arbitrale – di “tutte le controversie aventi ad oggetto la validità, l’interpretazione e l’esecuzione dei contratti di mandato stipulati dagli agenti sportivi nonché le relative controversie di carattere economico” (art. 22.2).

Tale procedimento è normato dal “Regolamento Arbitrale dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport”, approvato con deliberazione del Consiglio Nazionale del Coni n. 1654 del 17.12.2019.

In base alla disciplina ivi contenuta (art. 1.2), “ogni controversia che tragga origine ai sensi dell’art. 22 comma 2 del Regolamento Coni Agenti Sportivi … sarà risolta mediante arbitrato irrituale di equità da espletarsi secondo il presente regolamento”. La decisione assunta dagli arbitri, c.d. lodo, non avrà quindi il valore di una sentenza (di essa non può essere chiesta l’esecutività ex art. 825 cpc), ma si limiterà ad avere efficacia negoziale fra le parti.

Il procedimento arbitrale, pur potendosi tenere dinanzi ad un arbitro unico, si svolge, di norma, avanti un collegio arbitrale composto da tre arbitri (tutti tratti dall’elenco dei componenti del Collegio di Garanzia dello Sport), due dei quali nominati dalle parti (uno ciascuno) ed il terzo, con funzione di presidente del panel, nominato in accordo tra i due arbitri di parte ovvero dal Presidente del Collegio stesso.

L’arbitrato deve essere introdotto dalla parte interessata (c.d. parte istante) “entro il termine perentorio di 20 giorni dalla violazione contestata” (art. 3.2 del Regolamento) con istanza – da depositarsi a mezzo pec – contenente: a) le generalità delle parti coinvolte; b) l’indicazione della normativa regolamentare o convenzionale sulla quale si fonda la competenza arbitrale; c) l’esposizione della domanda e delle ragioni di fatto e di diritto sulle quali la stessa è fondata; d) l’indicazione delle prove offerte o da acquisire; e) l’indicazione dell’arbitro di propria nomina; f) la sottoscrizione della parte e del suo difensore munito di procura.

In sede di deposito, deve essere altresì comprovato – a pena di improcedibilità – il pagamento, in favore del Coni, dei diritti amministrativi di funzionamento dell’organo arbitrale (pari ad € 2.000).

L’istanza introduttiva deve essere contestualmente trasmessa anche alla controparte (c.d. parte intimata), la quale, entro i successivi 3 giorni, deve designare il proprio arbitro e, nel termine di 10 giorni, può far pervenire al Collegio di Garanzia e alla parte istante una propria memoria difensiva (versando, a sua volta e sempre a pena di improcedibilità delle proprie argomentazioni difensive, la propria quota di diritti amministrativi di funzionamento dell’organo arbitrale per € 1.500).

Formatosi il collegio, il Presidente del Collegio di Garanzia dà notizia sul sito del Coni dell’instaurazione del procedimento arbitrale, il quale si svolge come segue.

Viene fissata una prima udienza deputata al tentativo di conciliazione delle parti, del cui eventuale raggiungimento si da atto nel verbale della seduta o in un documento separato allegato al verbale, sottoscritti dalle parti e dai componenti dell’organo arbitrale.

Ove la conciliazione non riesca, ovvero laddove una delle parti non compaia alla relativa udienza, l’organo arbitrale – previa integrazione delle somme dovute a titolo di diritti amministrativi (ulteriori € 1.500 per ciascuna parte) – fissa una nuova udienza deputata alla discussione orale della causa, se del caso autorizzando le parti allo scambio di ulteriori memorie difensive e repliche.

All’udienza di trattazione, il collegio arbitrale può disporre anche d’ufficio i mezzi istruttori rilevanti (compresa l’assunzione di una consulenza tecnica), oltre a poter richiedere informazioni direttamente alle autorità sportive di riferimento.

Il regolamento arbitrale, inoltre, consente al collegio – ove richiesto dalle parti – di disporre l’adozione di misure cautelari, le quali possono essere concesse solo ove sussistano i requisiti del fumus boni iuris (fondatezza della pretesa fatta valere) e del periculum in mora (pericolo che, dalla mancata concessione della misura cautelare, derivi un danno grave e irreparabile).

Al termine dell’udienza di discussione orale, il collegio arbitrale si riunisce in camera di consiglio e pronuncia immediatamente il dispositivo della decisione, riservandosi il deposito delle motivazioni entro i successivi 15 giorni.

La durata complessiva del procedimento arbitrale è di 60 giorni, decorrenti dalla costituzione del collegio arbitrale e sino al deposito del lodo presso la segreteria del Collegio di Garanzia dello Sport.

Nel lodo, l’organo arbitrale indica altresì – in base al principio della soccombenza – la parte o le parti tenute al pagamento dei diritti amministrativi, delle spese di difesa, dei compensi arbitrali, nonché delle spese generali dovute in favore del Coni.

La decisione dell’organo arbitrale non è impugnabile ed ha efficacia vincolante fra le parti (art. 9.3 Regolamento Arbitrale).

Una volta ricostruito l’iter del procedimento arbitrale nella sua interezza, è opportuno concentrarsi su un aspetto determinante della citata disciplina, ovvero quello relativo al termine entro cui l’arbitrato deve essere introdotto, la cui individuazione, in concreto, riveste centrale importanza dal momento che incide sulla ricevibilità della domanda e quindi sulla possibilità di ottenere una decisione sul merito della controversia.

Al riguardo, si è già detto che l’art. 3.2 del relativo Regolamento stabilisce che la procedura arbitrale debba essere avviata, a cura della parte istante, “entro il termine perentorio di 20 giorni dalla violazione contestata” (art. 3.2 Regolamento).

All’atto pratico, tuttavia, l’interpretazione data a tale disposizione dai collegi arbitrali costituiti in seno al Collegio di Garanzia – perlomeno con riguardo alle controversie aventi ad oggetto il mancato pagamento dei compensi previsti in favore dell’agente sportivo – non è stata fin qui univoca.

Secondo una prima impostazione (cfr. lodi arbitrali nn. 6/2020 e 1/2021), il dies a quo dal quale decorre il termine per l’introduzione della procedura arbitrale – ancorato dal legislatore sportivo alla “violazione contestata” e non alla “contestazione della violazione” – coincide, nella fattispecie in questione, con il giorno in cui l’obbligazione pecuniaria è scaduta e, quindi, entro cui avrebbe dovuto essere adempiuta.

Nelle citate pronunce, si è infatti testualmente affermato che: “laddove la violazione contestata si compendi … nell’inadempimento di un’obbligazione pecuniaria, il principio della mora ex re, che presidia questo genere di obbligazioni ex art. 1219 comma 2 num. 3 Cod. Civ., impone di ancorare il dies a quo di che trattasi al momento in cui la violazione si consuma e, dunque, all’atto della scadenza della pertinente obbligazione che, dovendo essere eseguita presso il domicilio del creditore, non necessita di apposita (ed autonoma) contestazione, diffida o messa in mora”.

In base a tale orientamento, dunque, nell’ipotesi di mancata corresponsione del proprio compenso, la procedura arbitrale deve essere avviata dall’agente sportivo entro 20 giorni da quello in cui il pagamento in suo favore avrebbe dovuto essere eseguito. Se, a titolo esemplificativo, il pagamento all’agente scade (e quindi deve essere eseguito entro) il 31 dicembre, l’istanza arbitrale dovrà essere presentata entro e non oltre il 20 gennaio successivo.

Di tutt’altro avviso, invece, è stato il collegio arbitrale pronunciatosi con il lodo n. 10/2021.

Con tale decisione, infatti, si è stabilito che il previo invio di un atto di diffida costituisca condicio sine qua non per attivare il procedimento arbitrale di cui al Regolamento Coni del 17.12.2019.

Tale convincimento è stato motivato sulla scorta di tre ordini di considerazioni.

In primo luogo, il collegio ha ritenuto che la dicitura “violazione contestata” di cui all’art. 3.2 del Regolamento Arbitrale non possa essere intesa quale “violazione” tout court ma, stante la presenza della locuzione “contestata”, richiede, da parte del soggetto istante, la previa contestazione del mancato pagamento alla scadenza pattiziamente fissata.

In secondo luogo, far decorrere il termine di 20 giorni dalla mera violazione, ossia dalla scadenza del termine di pagamento, senza aver previamente contestato l’inadempimento, finirebbe per “limitare fortemente, se non vanificare” la possibilità, per la parte interessata, di accedere alla procedura arbitrale; ciò, si ritiene (il lodo in esame, sul punto, non offre spunti argomentativi ulteriori), alla luce del ristretto lasso di tempo (come detto, soli 20 giorni) che il Regolamento Arbitrale assegna alla parte interessata per avviare la procedura arbitrale.

Da ultimo, l’invio di un formale atto di diffida consentirebbe di cristallizzare definitivamente l’inadempimento del debitore, superando, da un lato, la presunzione di possibile tolleranza del ritardo da parte del creditore e, dall’altro lato, qualificando il ritardo del debitore come “non evitabile con la normale diligenza”, ossia, se si è ben interpretato il lodo in questione, come una circostanza sintomatica della volontà del debitore di non adempiere l’obbligazione di pagamento.

A sommesso avviso dello scrivente, tuttavia, le motivazioni addotte nel Lodo n. 10/2021, seppur suggestive, non colgono nel segno, dal momento che, se il legislatore sportivo avesse inteso far precedere l’avvio del procedimento arbitrale da un atto stragiudiziale di diffida, lo avrebbe espressamente previsto: ciò avviene, ad esempio, in materia di morosità nel pagamento dei compensi dei calciatori professionisti (cfr., su tutti, art. 13.1 dell’Accordo Collettivo di Serie A).

Parrebbe, infatti, evidente che, con la locuzione “violazione contestata”, il Regolamento Arbitrale, più che subordinare la presentazione dell’istanza arbitrale alla previa contestazione della violazione, abbia inteso chiarire che l’unico strumento per contestare la violazione consiste proprio nella presentazione dell’istanza avanti il Collegio di Garanzia dello Sport. In altre parole, solo con l’avvio dell’arbitrato la violazione viene ad essere “contestata”.

In secondo luogo, l’affermazione secondo cui far decorrere il termine di 20 giorni dalla scadenza del pagamento, anziché dalla contestazione del ritardo, vanificherebbe la possibilità per l’istante di accedere alla procedura arbitrale, appare una mera petizione di principio, disancorata da qualsivoglia motivazione giuridica.

L’Ordinamento sportivo, infatti, prevede numerosi casi in cui il ricorso alla tutela giurisdizionale debba avvenire in un termine molto breve, spesso anche inferiore a 20 giorni. Si pensi, a mero titolo esemplificativo, al procedimento avanti il Giudice sportivo della FIGC, il quale deve essere attivato, su istanza di parte, entro 3 giorni dalla conclusione dell’evento a cui la pretesa si riferisce (art. 19 Codice di Giustizia Sportiva del Coni).

Da ultimo, in merito all’affermazione secondo la quale l’intimazione/messa in mora consentirebbe di cristallizzare l’inadempimento del debitore, qualificando il ritardo di questi come non più tollerabile o evitabile, si osserva che le affermazioni del collegio arbitrale paiono non in linea con i generali principi civilistici, in virtù dei quali l’inadempimento – in linea di principio – è tale di per sé stesso e, per rilevare giuridicamente, non necessita di alcuna successiva “certificazione” da parte del creditore.

Peraltro, dovendosi considerare il citato termine di 20 giorni, in ossequio al dettato normativo, come termine processuale “perentorio”, appare più ragionevole ancorarne la decorrenza ad un evento certo (ossia la scadenza di pagamento contrattualmente prevista), piuttosto che ad uno incerto (la previa messa in mora del debitore) affidato, quanto a tempi e modi, alla discrezionalità del creditore e ciò anche in ragione delle esigenze di celerità e speditezza che caratterizzano l’accertamento delle questioni in seno alla Giustizia sportiva (come peraltro riconosciute dallo stesso lodo in analisi).

Al fine di procedere in conformità con entrambi gli orientamenti esposti appare dunque consigliabile, una volta decorso inutilmente il termine per il pagamento, far precedere l’instaurazione del procedimento arbitrale da una apposita diffida di pagamento e, di seguito, depositare l’istanza di arbitrato, avendo comunque cura di incardinare tale procedura entro il termine di 20 giorni dalla scadenza contrattualmente prevista per l’adempimento.

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Avv. Stefano Fusco
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