La normativa di “riforma dello sport” consentirà agli agenti di operare anche nei settori sportivi dilettantistici

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Analisi delle novità introdotte in materia di agenti sportivi dal decreto governativo emanato in attuazione dell’art. 6, L. n. 86/2019

Con l’approvazione in via preliminare del terzo schema di decreto legislativo – emanato in attuazione
dell’art. 6, L. n. 86/2019 – il Governo ha inteso nuovamente intervenire anche in materia di “rapporti di
rappresentanza degli atleti e delle società sportive e di accesso ed esercizio della professione di agente
sportivo”.
Occorre premettere che la disciplina prevista riprende, in buona parte, l’impianto normativo già esistente,
come previsto dai precedenti DPCM di derivazione statale e dalla legislazione sportiva di riferimento
adottata in seno al CONI ed alle singole Federazioni.
È possibile, tuttavia, registrare alcune significative novità, le quali emergono già dalla nuova definizione di
agente sportivo quale “soggetto che, in esecuzione del contratto di mandato sportivo, mette in contatto due o
più soggetti operanti nell’ambito di una disciplina sportiva riconosciuta dal CONI e dal CIO, nonché dal CIP
e dall’IPC, siano essi lavoratori sportivi o società o associazioni sportive, ai fini della conclusione, della
risoluzione o del rinnovo di un contratto di lavoro sportivo, del trasferimento della prestazione sportiva
mediante cessione del relativo contratto di lavoro, del tesseramento di uno sportivo presso una federazione
sportiva nazionale, fornendo servizi professionali di assistenza e consulenza, mediazione” (art. 2, comma 1,
lettera a).
Dalla analisi della stessa appare, in primo luogo, evidente l’ampliamento del perimetro operativo entro cui
potrà agire il “nuovo” agente fino ad oggi fissato all’interno dei confini del solo professionismo sportivo.
Da un lato, infatti, sarà possibile per costui rendere i propri servizi nell’ambito di ogni federazione
(comprese, quindi, quelle che non hanno aderito alle previsioni della L. 91/1981). Dall’altro lato, gli sarà
consentito operare in favore della più ampia (e nuova) categoria dei “lavoratori sportivi”, intendendosi come
tali tutti coloro che, “senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o
dilettantistico, esercitano l’attività sportiva verso un corrispettivo” (art. 2, comma 1, lettera m).
In secondo luogo, occorre rilevare – soprattutto per le conseguenze che ne derivano sul piano contabile e
fiscale – la diversa qualificazione della prestazione professionale dell’agente prospettata dal legislatore
(evidentemente a seconda della specifica attività svolta). Oltre ai servizi di consulenza e assistenza, infatti,
viene espressamente contemplata anche l’attività di mediazione, benché quest’ultima fattispecie differisca da
quella prevista e disciplinata dagli articoli 1754 e seguenti del codice civile, stante la necessità per l’agente di
operare sempre e comunque solo in forza di un mandato scritto rilasciatogli dal proprio assistito.

Importante poi considerare la conferma della facoltà di esercitare la propria attività anche in occasione del
“trasferimento” di uno sportivo, partecipando alla cessione del relativo contratto di lavoro, circostanza posta
in dubbio (se non espressamente soppressa) dal Regolamento agenti del CONI entrato in vigore lo scorso
maggio. Al riguardo, tuttavia, pare non più ammissibile per l’agente assistere tutte e tre le parti coinvolte
nell’accordo (atleta, club cedente e società cessionaria) dal momento che l’art. 5, comma 3 del decreto in
commento stabilisce che “Il contratto di mandato sportivo può essere stipulato dall’agente sportivo con non
più di due soggetti da lui assistiti”.
Un ritorno al passato è poi rappresentato dalla possibilità di maturare un compenso – nei confronti del solo
club contraente e non anche dell’atleta – anche nell’ipotesi di attività svolta in occasione della stipula di
contratti sportivi conclusi da soggetti minori d’età (art. 10, comma 3).
Da ultimo, si segnala la futura introduzione, per il tramite di successivi decreti, di un vero e proprio “codice
etico” della professione (art. 12, comma 2), nonché di un sistema di “parametri per la determinazione dei
compensi” (art. 8 comma, 5) la cui struttura viene mantenuta nella duplice alternativa tra misura forfettaria o
somma in percentuale sul valore della transazione ovvero sulla retribuzione lorda complessiva del lavoratore
sportivo.

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