Riforma dello sport: l’introduzione del “lavoro sportivo” e le possibili conseguenze sull’ attività degli Agenti sportivi

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Tra le novità più significative previste nel decreto chiamato ad attuare la delega legislativa in materia di riforma dello sport vi è certamente l’introduzione della fattispecie del lavoratore sportivo slegata dal relativo status di professionista, come disciplinato dalla nota legge n. 91/1981, e, pertanto, indipendentemente dal riconoscimento al proprio interno del professionismo sportivo da parte della Federazione di appartenenza.

Ai sensi dell’art. 109 del decreto legislativo in commento, infatti, deve considerarsi “lavoratore sportivo” l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l’attività sportiva verso un corrispettivo al di fuori delle prestazioni amatoriali di cui al successivo articolo 113”

Per comprendere la portata innovativa di una tale previsione è sufficiente richiamare, a titolo meramente esemplificativo, la disposizione di cui all’art 29 delle Norme Organizzative Interne della Federazione Italiana Giuoco Calcio (Noif), la quale – ad oggi – espressamente sancisce che “per tutti i [calciatori] non professionisti è esclusa ogni forma di lavoro, sia autonomo che subordinato”.

Tanto premesso, la novella chiarisce che l’attività del lavoratore sportivo possa costituire oggetto non solo di un rapporto di lavoro subordinato o autonomo (anche nella forma di collaborazioni coordinate e continuative previste dalla legge), ma anche di prestazioni occasionali (secondo la disciplina dell’art. 54 bis del D.L. 24 aprile 2017, n. 50), restando escluse dal novero della fattispecie solo le prestazioni amatoriali.

A quest’ultimo riguardo, il già citato art. 113 definisce, peraltro, come amatoriali solamente quelle attività – comprensive dello svolgimento diretto della pratica sportiva (si pensi agli atleti), nonché della formazione, della didattica e della preparazione degli atleti (si pensi ai tecnici) – rese da “volontari che mettono a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere lo sport, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti” per lo svolgimento di attività istituzionali di società dilettantistiche.

Esclusa ogni remunerazione di tali prestazioni, occorre tuttavia evidenziare che anche per gli “amatori” sarà possibile, sulla scorta di quanto oggi avviene nel dilettantismo, prevedere indennità economiche (anche forfettarie) – in termini di premi, compensi occasionali legati ai risultati ottenuti nelle competizioni sportive, nonché di indennità di trasferta e rimborsi spese – nei limiti dei 10.000 euro di cui all’art. 69 comma 2 del TUIR.

Tracciata dunque la differenza tra lavoratore sportivo tout court e “professionista sportivo” vero e proprio, per quanto attiene alla seconda figura, il decreto in questione, richiamando pressoché testualmente il contenuto della legge n.91/1981, stabilisce, in tal caso, una presunzione di lavoro subordinato, salva la riconducibilità della fattispecie al lavoro autonomo al ricorrere di specifici presupposti legati alla minor continuità della prestazione sportiva resa in favore della società sportiva o all’assenza di vincolo per quanto riguarda la attività di allenamento.

Importantissimo corollario dell’impianto normativo fin qui descritto è l’introduzione anche in favore dei lavoratori sportivi non appartenenti ai settori professionistici di tutela assicurative e previdenziali prima appannaggio esclusivo di questi ultimi.

Basti considerare che a norma del comma 1 dell’art 120 del decreto in analisi è stabilito che “I lavoratori sportivi subordinati, a prescindere dal settore professionistico o dilettantistico in cui prestano attività, sono iscritti al Fondo Pensione Sportivi Professionisti gestito dall’INPS” il quale assumerà la denominazione di “Fondo Pensione dei Lavoratori Sportivi” e che, ai sensi del successivo comma 2, “Nei settori dilettantistici i lavoratori sportivi, titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa o che svolgono prestazioni autonome o prestazioni autonome occasionali, hanno diritto all’assicurazione previdenziale e assistenziale” mediante iscrizione alla Gestione separata INPS.

Occorre infine considerare gli effetti che tali novità, se approvate, potranno comportare con riguardo anche alla attività di Agente sportivo.

L’art. 124 del decreto, infatti, muta la definizione di tale categoria sancendo che “L’agente sportivo è il soggetto che, in esecuzione del contratto di mandato sportivo, mette in contatto due o più soggetti operanti nell’ambito di una disciplina sportiva riconosciuta dal CONI e dal CIO, nonché dal CIP e dall’IPC, siano essi lavoratori sportivi o società o associazioni sportive, ai fini della conclusione, della risoluzione o del rinnovo di un contratto di lavoro sportivo, del trasferimento della prestazione sportiva mediante cessione del relativo contratto di lavoro, del tesseramento di uno sportivo presso una federazione sportiva nazionale, fornendo servizi professionali di assistenza e consulenza, mediazione”.

L’evidente espunzione dal testo di ogni riferimento alla prestazione sportiva professionistica – quale esclusivo oggetto dei contratti sportivi in relazione ai quali il procuratore può oggi rendere i propri servizi tipici secondo le normative vigenti – lascia emergere la possibilità che, perlomeno nei settori che prevedono l’abilitazione di tali figure professionali, queste ultime svolgano la propria attività anche in favore di lavoratori sportivi “dilettanti”.

A riprova di ciò, depone peraltro la previsione, sempre nell’ambito del perimetro della citata definizione, delle associazioni sportive (enti costituibili solo in ambito dilettantistico) tra i possibili assistiti dell’Agente.

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